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Civiltà della vergogna e civiltà della colpa oggi

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icon9  view post Posted on 6/2/2018, 10:47

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La (mitizzata) civiltà della vergogna e la (attuale) cultura della colpa e dell'onore.

CITAZIONE
Il termine civiltà della vergogna o cultura della vergogna è un termine utilizzato dal filologo, antropologo e grecista irlandese Eric Dodds per descrivere la società omerica e i modelli sociali su cui essa si basava. Ogni società elabora modelli di comportamenti diversi, canoni ideali. Nel mondo greco arcaico questi erano suggeriti dalla poesia epica, di cui fanno parte Iliade ed Odissea. Era uno strumento di trasmissione del patrimonio culturale e modello di formazione educativo per le nuove generazioni, perchè appunto trasmetteva i valori e i canoni desiderabili. Gli antropologi parlano di civiltà della vergogna e civiltà della colpa.

Con “civiltà di vergogna” si indica una società regolata da determinati modelli positivi di comportamento la cui trasgressione e mancata adesione aveva come conseguenza il sentimento di vergogna dell’individuo ovvero di disagio psicologico intimo, con la conseguente perdita di autostima e sofferenza oltre al biasimo concreto e reale dell’intera comunità fino, nei casi più gravi, all’emarginazione. Quindi le ripercussioni della mancata adesione a questi canoni erano duplici nella loro forma di sanzione interna ed esterna. Il tessuto sociale tendeva a essere più coeso e maggiormente orientato verso un sistema condiviso di valori, pertanto, spesso la vergogna segnalava uno stato per il quale un soggetto veniva meno agli obblighi formali legati a una certa carica e ruolo.

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CITAZIONE
Gli avvenimenti narrati (nell'Iliade relativi invece alla "civiltà della colpa" ndr) si collocano però in un passato più antico, ormai lontano, nell’età degli eroi (verso la fine del 2° millennio a.c.) della civiltà micenea, ed è proprio la figura dell’eroe che riveste molta importanza per la morale omerica. La civiltà dei micenei o achei – nell’antica Grecia del periodo arcaico – dominata da un’aristocrazia guerriera, era contemporanea della civiltà minoica di Creta. Intorno al 1400 a.C. l’isola di Creta fu conquistata dai micenei. L’eroe della società omerica è una figura legata a uno status particolare, quello di una aristocrazia regale e militare. È il capo di una casata che detiene una sovranità su una comunità e sul suo territorio. L’eroe è per eccellenza agathos, che significa buono, nobile, ma anche “buono a”, “capace di”, come noi diciamo di un “buon guerriero” o di un “buon strumento”. Era quindi stimato non solo a prescindere per via del suo ruolo ma anche per via delle sue azioni e comportamenti che, per meritarsi tale stima, dovevano essere in linea con quelle che erano le aspettative e i modelli della società. La pena era il disonore, l’orgoglio ferito, che sono legati al concetto di vergogna, come anche pudore e imbarazzo. Dall’altra parte stava l’onore, da cui deriva la gloria, che non è un concetto astratto, ma il risultato di atti e comportamenti concreti, in linea con le responsabilità dell’esecutore. È chiaro che se l’eroe difendeva la patria, ovvero la comunità di cui faceva parte, in battaglia, la stessa comunità ricompensava l’eroe ricoprendolo di elogi e gloria. L’insieme delle prestazioni eccellenti di cui l’eroe era capace, costituiscono la sua aretè, la sua virtus alla latina, appunto la sua eccellenza, il suo valore, che non si riferisce tanto alla vita morale quanto piuttosto indica nobiltà, capacità, successo, imponenza. Si tratta in Omero di una virtuosità che si esprime nella capacità di far prevalere la propria forza su nemici e rivali.


https://www.informaweblog.com/la-civilta-d...ta-della-colpa/[/QUOTE]

Le storie dei martiri cristiani (che in questi giorni si commemorano in Sicilia e perciò mi vengono in mente) appartengono tutte ad un civiltà della colpa dove il possesso della virtù consiste nel rispetto di un onore esteriore legato a ciò che gli altri pensano di noi e quindi siamo, allontanadosi dall’ideale civiltà della vergogna, dove non importa quello che gli altri pensano di noi, conta solo la nostra autostima e l’evitamento di un disagio psicologico legato ad un sentimento di vergogna autoprodotto mediante la formazione di un solido giudice interiore.
Molte di queste storie di Martirio ricalcano un romanzo “must” della cultura classica italiana, ovvero “i promessi sposi” di Alessandro Manzoni. La storia di Lucia che resiste alle violenza brutale di Don Rodrigo, preservando solo in questa possibile maniera il suo “onore”, fa dipendere l’onore di Lucia da quello che la società pensava di lei, cioè la difesa di un indubbio valore come l’autodeterminazione sentimentale dipende da come lei effettivamente si comporta nella società, anziché dalla sua autostima e capacità di evitare il sorgere di un disagio psicologico legato ad un sentimento di vergogna autoprodotto mediante la formazione di un solido giudice interiore.
Questo mito del valore di un uomo (o di una donna) legato alle azioni che essa compie è tipica della società dell’onore in cui viviamo. Si tratta di un civiltà che fa del culto del corpo come tempio dello spirito il suo cardine di pensiero, per cui solo annullando fisicamente il corpo dell’avversario si può raggiungere il rispetto dei consociati. Si tratta di una cultura che spinge a morire per delle idee oppure ad uccidere per esse, in ogni caso a sacrificare delle vite (propria o altrui) in nome di un ideale, il cui rispetto è esteriore e legato a ciò che ne pensa la società. E' l'onore delle armi, della cavalleria, dei Samurai che si suicidavano, l'onore spartano del “Torna con lo scudo o sopra di esso”, un retaggio di altri tempi ma non troppo.. come nei delitti di mafia ci si illudeva di fermare delle idee recando violenza a dei magistrati che altrettanto violentemente volevano combattere la mafia, allo stesso modo Lucia credeva che solo resistendo fisicamente alla violenza di Don Rodrigo avrebbe mantenuto intatto il suo onore e con essa la sua autostima. Lucia non era in grado di scindere la sua autostima dal disonore sociale che un eventuale cedimento alla violenza del potere avrebbe comportato. Se Lucia fosse stata più forte o protetta da qualcuno più potente di Don Rodrigo quasi sicuramente l’avrebbe ucciso, per mantenere intatta la sua civiltà dell’onore.
Se invece Lucia avesse avuto soltanto una maggiore autostima di sé, si sarebbe limitata a “dare la colpa” a Don Rodrigo, a scaricare su di lui il disagio legato ad una eventuale violenza carnale, preservando intatta la sua autostima e potendola usare in futuro per agire sulla immaturità spirituale di tanti Don Rodrigo. Se Lucia fosse vissuta in una società della vergogna legata all’autostima di sé anziché soltanto all’onore esteriore, avrebbe potuto “sputtanare” Don Rodrigo, facendo vergognare lui e così crollare tutto il suo onore puramente esteriore.

Le idee camminano anche dopo la morte di qualcuno. La idee sono immortali anche se per camminare hanno pure sempre bisogno della gambe degli uomini. Non vale mai la pena di morire per delle idee perché le idee non scompariranno con la morte di chi le detiene.
Questa consapevolezza non c’ è né in Don Rodrigo né in Lucia, nell assassino romano di Agata, né in Agata stessa, né nei Magistrati che volevano combattere la Mafia con la violenza pur legittima della polizia, né nei mafiosi che volevano farsi rispettare uccidendo dei giudici.
Le battaglie culturali sono lente, richiedono tantissimo dialogo e soprattutto obbedienza interiore, rispetto autodeterminato e non imposto con la violenza. La violenza può solo determinare l’osservanza formale, la civiltà dell’onore si basa su questo. Se la cultura della colpa e dell'onore continua ad esistere è anche "colpa" di come Lucia o Agata si sono comportate davanti al loro persecutore, ma è anche "colpa" di come certi Magistrati si sono comportati di fronte alla Mafia, è in sostanza “colpa” della società in cui viveva Lucia dei “Promessi sposi” ossia una civiltà dell’onore esteriore e puramente formale. E' in sostanza "colpa" di quel modello sociale, ma non ci si può limitare ad adossargli "la colpa" per non ricadere paradossalmente nella stessa "civiltà dellla colpa" contestata. Prenderne consapevolezza significa fare un passo fisico avanti.. o meglio un passo spirituale indietro verso la mitizzata "civiltà della vergogna" descritta dallo storico irlandese Eric Dodds.

CITAZIONE
Malgrado si tratti di un’emozione indubbiamente dolorosa e annichilente, la vergogna può tuttavia concorrere ad alimentare buone pratiche sociali. È il caso della vergogna “preventiva” che trattiene dal compiere azioni potenzialmente biasimevoli. Non si può non pensare qui all’aidos dei greci che, come afferma Aristotele nell’Etica Nicomachea, dissuade dall’agire in maniera da attirare su di sé il discredito e provare così l’umiliazione più bruciante (aischyne). Inoltre la vergogna che si accompagna all’indignazione tende ad avviare il moto passionale indispensabile per reagire e intraprendere concreti tentativi di cambiamento. Nell’idioma spagnolo, è utilizzato il termine di ‘sinverguenza’ (senza vergogna), come aggettivo, in un’accezione negativa, con il significato di sfacciato, sfrontato, insolente, canaglia, faccia di bronzo, per indicare chi si comporta immoralmente e senza rispetto. Un corrispettivo nella lingua italiana è il termine ‘svergognato’, che descrive grossomodo chi mette in atto gli stessi comportamenti: chi non prova vergogna per ciò che è riprovevole e immorale o per le proprie mancanze; chi è privo di senso del pudore. Anche se il termine sinverguenza è molto utilizzato dai parlanti la lingua spagnola rispetto a quanto non lo sia il termine svergognato per chi parla l’italiano, infatti ‘svergognato’ appare quasi desueto.

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:( :( :(

Edited by Lapillo+ - 6/2/2018, 12:26
 
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