Lapim forum

Sentenza Cumin-ERSU Catania del 30/01/2018

« Older   Newer »
  Share  
icon13  view post Posted on 6/2/2018, 15:34

Member

Group:
Administrator
Posts:
172

Status:


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2149 del 2016, proposto da:
B.A., rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis)
contro
E.R.S.U.- Ente Regionale del Diritto allo Studio Universitario-Università degli Studi di Catania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliato in via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
- della nota prot. n. 4354/U del 16.6.2016 dell'E.R.S.U. - Università degli Studi di Catania, avente ad oggetto avvio procedimento amministrativo di revoca dei benefici - anno accademico 2013/2014;
- dell'eventuale provvedimento di revoca;
- degli atti antecedenti, connessi e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’E.R.S.U.- Ente Regionale del Diritto allo Studio Universitario-Università degli Studi di Catania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2017 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il Sig. B.A. partecipava al bando di concorso per la erogazione di borse e servizi per il diritto allo studio universitario per l’anno accademico 2013/2014. Malgrado egli si fosse collocato in posizione utile nella graduatoria pubblicata il 30/10/2013, ed avesse raggiunto il numero prescritto di crediti entro il 30/11/2014, in esito ai controlli svolti in via successiva dall’Ente Regionale per il diritto allo Studio Universitario egli subiva la revoca dei benefici concessi con provvedimento n. 4354/U del 16/06/2016, comunicatogli in data 07/07/2016.
Il Sig. B.A. contestava il provvedimento menzionato da ultimo con ricorso notificato il 06/10/2016 e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 04/11/2016.
L’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio – tramite il compente ufficio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, stante la natura di ente strumentale della Regione siciliana dell’Amministrazione intimata – con il deposito di memoria in segreteria il 28/11/2017.
La domanda cautelare incidentalmente proposta con il ricorso in epigrafe veniva accolta con ordinanza n. 39/2017.
Le parti scambiavano fra loro ulteriori scritti defensionali.
In data 07/12/2017 si svolgeva l’udienza pubblica per l’esame del ricorso in epigrafe, che veniva trattenuto in decisione.
I – L’Amministrazione intimata propone innanzitutto una eccezione di inammissibilità del ricorso in epigrafe, in quanto con esso sarebbe stato impugnato un (mero) atto endoprocedimentale di avviso di avvio del procedimento (di revoca).
Osserva in contrario il Collegio che la dizione “avvio procedimento amministrativo revoca benefici” che figura in oggetto all’interno della nota n. 4354/U del 16/06/2016 è contradetta dal complessivo tenore di tale atto, con il quale non è stata sollecitata la partecipazione procedimentale del (poi) ricorrente, ma “invitato” lo stesso alla restituzione di somme puntualmente indicate. La nota n. 4354/U del 16/06/2016, a parere del Collegio, rappresenta quindi essa stessa un provvedimento definitivo di revoca, avverso il quale il ricorrente aveva non soltanto il potere, ma altresì l’onere, di gravarsi.
Quanto alla seconda eccezione di inammissibilità per mancata notifica della proposta impugnazione agli altri vincitori delle borse di studio - quali controinteressati, osserva il Collegio che il ricorrente non ha mai inteso contestare la graduatoria pubblicata il 10/03/2013 – rispetto alla quale ipotesi vi sarebbe invece stata effettivamente una legittimazione processuale passiva dei soggetti inclusi in posizione utile all’interno della stessa (cfr. T.A.R. Campania - Napoli, sez. VIII, sent. 14 gennaio 2011, n. 142) -, ma esclusivamente la scelta dell’Amministrazione intimata di revocare i benefici a lui concessi per l’assenza dei requisiti di merito richiesti dal bando, e rispetto alla quale non è dato configurare la esistenza di soggetti controinteressati.
II – Passando all’esame del merito, con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la consumata violazione del termine massimo di 18 mesi previsto per l’intervento in autotutela su pregressi provvedimenti amministrativi dall’art. 21 nonies L. n. 241/1990 in seguito alle modifiche ad esso apportate dalla L. n. 124/2015.
Benchè il sussistere di quella violazione sia stato positivamente apprezzato nell’ordinanza cautelare, il Collegio ritiene di non poter confermare tale valutazione, innanzitutto perché l’operato dell’Amministrazione intimata, benchè la stessa abbia voluto qualificare – epperò in modo giuridicamente irrilevante, secondo il principio saldo nella giurisprudenza amministrativa alla cui stregua “la qualificazione di un atto amministrativo deve essere operata sulla base del suo effettivo contenuto e degli effetti concretamente prodotti, e non anche del nomen juris assegnatogli dall'Autorità emanante” (ex plurimis e più di recente, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 13 aprile 2017, n. 1718) – come provvedimento di revoca quello poi impugnato, rappresenta invece il risultato dell’esercizio di poteri vincolati in funzione di controllo piuttosto che di un potere discrezionale in autotutela, non consentendo di conseguenza di utilizzare l’art. 21 nonies L. n. 241/1990 quale parametro per valutare la sua (soltanto postulata) illegittimità.
Ma il risultato non muterebbe neppure ove si volesse riconoscere nell’art. 21 nonies L. n. 241/1990 la norma da impiegare per lo scrutinio circa la (postulata) illegittimità del provvedimento impugnato.
Infatti in libello il ricorrente individua il dies a quo per il calcolo del predetto termine massimo di 18 mesi “considerando che la graduatoria è stata pubblicata in data 30.10.2013, (e) che la data per il conseguimento dei requisiti di merito era il 30.11.2014”. Ma entrambe tali date sono prive di rilevanza, in quanto relative al venire in essere dei presupposti in base ai quali sarebbe potuta successivamente avvenire, in favore degli aventi diritto, la erogazione dei previsti benefici a norma degli artt. 22, 23 e 24 del bando. La censura proposta dal ricorrente onerava quindi lo stesso della prova della data di percezione dei benefici poi revocati, perché soltanto a partire da quel momento avrebbe astrattamente potuto iniziare a decorrere – eventualmente scadendo prima della data di adozione e comunicazione del provvedimento impugnato, e precludendo così il legittimo esercizio del potere di revoca all’Amministrazione intimata - il termine massimo di 18 mesi ex 21 nonies L. n. 241/1990, nel testo modificato dalla L. n. 124/2015 [e questo, comunque, ove mai la data di loro percezione fosse anteriore all’entrata in vigore della predetta L. n. 124/2015: perché in caso contrario - secondo una scelta interpretativa di questa Sezione e non solo (cfr. TAR Catania, sez. IV, sent. n. 340/2017, ma anche Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 250/2017) – il termine di 18 mesi per procedere all’annullamento si sarebbe prorogato sino al 28/02/2017, comportando (anche) per questo ulteriore motivo la reiezione della presente censura].
Trattandosi quindi di prova rientrante nella piena disponibilità della parte ricorrente, il non averla fornita avrebbe comunque comportato, ov’anche l’art. 21 nonies L. n. 241/1990 fosse risultato applicabile nel caso di specie, il respingimento del primo motivo di ricorso per la mancata dimostrazione di uno degli elementi necessari per supportare in punto di fatto la censura con esso proposta.
III - Con il secondo motivo di ricorso, indipendentemente dalla sovrabbondante indicazione in rubrica delle censure proposte, il ricorrente lamenta una lesione del proprio affidamento, in quanto l’esercitato potere di revoca sarebbe avvenuto malgrado il possesso, da parte propria, di “tutti i requisiti richiesti, che erano integralmente conosciuti dall’Amministrazione al momento dell’approvazione della graduatoria”.
Osserva in contrario il Collegio che la possibilità di revoca del beneficio è espressamente prevista dal n. 8) dell’art. 13 del bando in relazione agli “studenti del primo anno che entro le date indicate nella tabella 9 non abbiano conseguito i crediti previsti”; sicchè, essa essendo concretamente avvenuta proprio per la predetta ragione, ovvero nell’esercizio di un vincolato potere di controllo, non vi era alcun affidamento che potesse maturare in capo al ricorrente.
IV – Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente contesta la interpretazione data dall’Amministrazione intimata al punto 4) dell’art. 7 del bando di concorso in relazione al numero minimo di crediti, pari a 20, per l’Ammissione al Beneficio.
Come ancor meglio risulta dagli scritti difensivi dell’Amministrazione intimata, il mancato rispetto della predetta norma – alla cui stregua “per gli iscritti ai corsi di laurea specialistica, ai fini del conseguimento del merito necessario per mantenere o accedere ai benefici, non saranno presi in considerazione i crediti eventualmente convalidati o dispensati dall’istruzione universitaria” – sarebbe stato determinato dal fatto che “la materia sociologia economica sostenuta dallo studente in data 10/03/2013, anche se “convalidata” dall’Università di Catania per la carriera universitaria, è stata superata antecedentemente all’iscrizione del primo anno del corso di laurea specialistica in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni”.
Il Collegio ritiene corretta siffatta valutazione.
Non vi è infatti alcuna norma del bando di concorso per la erogazione di borse e servizi per il diritto allo studio universitario per l’anno accademico 2013/2014 dalla quale possa desumersi che i crediti convalidati non valutabili ai fini del computo per il previsto requisito di merito (pari complessivamente a 20) siano, così come invece vorrebbe il ricorrente, esclusivamente quelli acquisiti in seguito a “passaggio di istituzione universitaria, di facoltà, di corso di laurea o di ordinamento”. Posto dunque che è indubitabile il fatto che l’esame di sociologia economica sia stato sostenuto il 10/03/2013, nell’ambito del corso triennale di laurea, e non nell’ambito del primo anno del corso di laurea specialistica in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni, esso non poteva essere considerato ai fini del calcolo dei requisiti di merito del ricorrente, che non arrivavano pertanto alla soglia minima richiesta di 20 crediti, arrestandosi invece alla soglia di 18 (in base ai crediti acquisiti in seguito ai superati esami di Diritto Amministrativo Italiano ed Europeo e Storia dello Stato Italiano).
Viene pertanto respinto il presente motivo di ricorso.
V – Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta il mancato rispetto delle garanzie di partecipazione procedimentale previste dalla L. n. 241/1990.
Osserva in contrario il Collegio che l’atto impugnato, piuttosto che rappresentare l’esercizio di un discrezionale potere di revoca, costituisce piuttosto un atto, vincolato, adottato nell’esercizio di un potere di controllo a fronte della riscontrata mancanza delle condizioni cui è subordinata la concessione del beneficio. Nel caso di specie deve quindi trovare applicazione il secondo comma dell’art. 21 octies L. n. 241/1990, alla cui stregua “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”; con consequenziale reiezione, pertanto, (anche) del presente motivo di ricorso.
VI – Il Collegio, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.
Tenuto conto del diverso segno della decisione assunta in sede cautelare, il Collegio ritiene che ciò costituisca un giustificato motivo per procedere alla integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) rigetta il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Bruno, Presidente FF
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Primo Referendario, Estensore
Francesco Mulieri, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gustavo Giovanni Rosario Cumin Francesco Bruno


---------------------

Commento:


Art. 21-nonies. (Annullamento d'ufficio)

1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, puo' essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilita' connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.

comma così modificato dal DL 133/14 convertito con modificazioni dalla L. 164/14 e successivamente modificato dalla Legge 124/2015

CITAZIONE
Se da un lato, con tale novella legislativa, il potere di annullamento in autotutela è stato circoscritto ad un arco temporale piuttosto ristretto, dall’altro è evidente che il legislatore abbia voluto garantire una maggiore tutela all’affidamento dei destinatari di provvedimenti autorizzatori o di attribuzione di vantaggi economici. Invero, fissando il dies a quo del termine ultimo per l’annullamento d’ufficio alla data della mera adozione del provvedimento amministrativo, il legislatore ha adottato una soluzione puramente formale, sicchè sarebbe stato più opportuno spostare il decorso dei diciotto mesi al momento in cui il provvedimento diviene in concreto efficace (basti pensare ad un eventuale termine o ad una condizione alla quale può essere sottoposta l’efficacia del provvedimento, ovvero ad atti di controllo), infatti soltanto da tale momento in poi si consolida la posizione di vantaggio del destinatario.
www.altalex.com/documents/news/2015...ento-di-ufficio

CITAZIONE
A seguito delle modifiche apportate all’art.21 nonies dall’art. 6 della l. 124/2015, il suddetto limite temporale del “termine ragionevole” da indeterminato ed elastico, è divenuto espresso e rigido, atteso che l’annullamento d’ufficio dovrà intervenire entro un termine “comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti”.
In questa prospettiva, ]appare evidente come la nuova disposizione debba essere interpretata nel senso di ritenere il termine di diciotto mesi quale limite massimo insuperabile, salvo le eccezioni già evidenziate.
Ovviamente, secondo parte della dottrina, non si può escludere che, in concreto, alla luce delle circostanze della singola fattispecie, il termine ragionevole possa essere ritenuto ancora più breve e che, conseguentemente, la barriera cronologica dei diciotto mesi opera “unidirezionalmente”.

Tale lettura, però, non si può non scontrare con la realtà applicativa della norma sotto due concorrenti profili: in primo luogo, appare insolito che l'Amministrazione procedente riduca volontariamente il termine attraverso una propria regolamentazione interna, inoltre, salva la presenza delle predette autolimitazioni, sembra indiscutibile che la giurisprudenza tenderà generalmente a considerare sempre legittimi gli annullamenti di ufficio disposti entro tale termine, anche laddove l'esercizio del potere di autotutela sia evidentemente possibile in tempi più ristretti, ma non espressamente regolamentato.
In questa prospettiva, occorre infine segnalare che, con l'individuazione del dies a quo per l’annullamento d’ufficio nella data di adozione del provvedimento amministrativo, il Legislatore ha inteso scegliere la soluzione formalmente più coerente, ma sostanzialmente inopportuna: sono, infatti, numerose le ipotesi in cui il provvedimento diviene in concreto efficace solamente a seguito del decorso di un termine o il verificarsi di una condizione, con la conseguenza che sarebbe stato più logico individuare il dies a quo solamente nel momento esatto in cui si consolida la posizione di vantaggio del destinatario

www.giustamm.it/print/dottrina/5368

CITAZIONE
senza ritenere del tutto risolta la questione affrontata, si può segnalare che il Giudice amministrativo si è già in parte espresso in ordine alle questioni esaminate: nello specifico, infatti, è stato ritenuto pacifico che con riferimento "al termine ragionevole entro cui esercitare il potere di auto - annullamento, deve farsi applicazione ratione temporis dell’orientamento giurisprudenziale antecedente alla novella attuata con L. 7 agosto 2015 n. 124 (che ha novellato sul punto l’art. 21 nonies della L. n. 241/1990), secondo cui era rimesso all'interprete il compito di individuare tale termine in concreto, in considerazione del grado di complessità degli interessi coinvolti e del relativo consolidamento, secondo il canone costituzionale di ragionevolezza
(T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 4529/2013)"

CITAZIONE
il termine dei diciotto mesi non può che cominciare a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione, fatta salva, in ogni caso, l’operatività del “termine ragionevole” già previsto dall’originaria versione dell’art. 21-nonies legge n. 241 del 1990. In merito al rispetto del parametro della ragionevolezza del termine, il Consiglio ha inoltre precisato che − per quanto i diciotto mesi non possano considerarsi (per i motivi anzidetti) ancora decorsi − è anche vero che la novella non può non valere come prezioso indice ermeneutico ai fini dello scrutinio dell’osservanza della regola di condotta in questione

(Consiglio di Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5625)

www.studiolegaletrapani.it/sentenza.php?id=14136

CITAZIONE
Rispetto ai provvedimenti adottati anteriormente all’attuale versione dell’art. 21-nonies legge n. 241 del 1990, il termine massimo dei diciotto mesi per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio non può che cominciare a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione e salva, comunque, l’operatività del “termine ragionevole” già previsto dall’originaria versione dell’art. 21-nonies legge n. 241 del 1990.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 19 gennaio 2017, n. 250

E’ ASSOLUTAMENTE IRRAGIONEVOLE (oltre che provocatorio) CHE NON SI CONTI AFFATTO IL PERIODO ANTECEDENTE L’ENTRATA IN VIGORE DELLA RIFORMA MADIA IL 28/08/ 2015, facendo spirare il termine per l’autotutela/potere di controllo il 28/02/2017 !!!
La legge Madia non è una remissione in termini della P.A.! Se il termine massimo di 18 mesi introdotto a metà 2015 dalla riforma Madia non si applica retroattivamente, questo non può significare che non si devono contare affatto i mesi già trascorsi, dato che ricadono sotto il canone costituzionale di razionalità da quantificare alla luce della riforma Madia come criterio ermeneutico, e non come criterio irrrazionale di cui non tener conto... in caso contrario si finisce per insultare la ragionevolezza della legge Madia..







Dal 30/10/2013 (pubblicazione graduatoria 1 anno) al 07/07/2016 (revoca borsa)= Quasi 3 anni !
Dal 14/01/2014 (erogazione prima rata) al 07/07/2016 (revoca borsa) = 2 anni e mezzo !
Dal 16/02/2015 (erogazione seconda rata e preventivo esercizio potere di controllo ERSU) al 07/07/2016 (revoca borsa) = 17 mesi esatti il 16 luglio 2016 !


Il canone costituzionale di ragionevolezza e’ stato totalmente disatteso semplicemente perché la borsa di studio viene erogata di anno in anno e quindi l’anno accademico non può che essere la misura ragionevole per la revoca retroattiva dei benefici quando l’errore è dell’ERSU e non ci sono dichiarazioni mendaci

E quand’anche si trattasse di esercizio di potere vincolato e non di potere discrezionale, bisogna che il potere vincolato sia effettivamente vincolato dalla lex specialis del bando nell’esercizio della sua durata, specie quando è previsto uno specifico potere di controllo temporalmente prefissato, altrimenti (in concreto e non per assurdo) si sarebbe in presenza di un potere vincolato che si atteggia come un potere discrezionale nell’AN e soprattutto nel QUANDO!


CITAZIONE
“la qualificazione di un atto amministrativo deve essere operata sulla base del suo effettivo contenuto e degli effetti concretamente prodotti, e non anche del nomen juris assegnatogli dall'Autorità emanante”

L'attività della pubblica amministrazione è sempre e comunque vincolata al soddisfacimento di un interesse pubblico determinato dalla legge. La stessa legge può determinare il modo, IL TEMPO, i mezzi ed i contenuti delle attività che devono essere seguiti perché tale interesse sia soddisfatto; in questo caso l'attività della pubblica amministrazione si definisce come attività vincolata.



Edited by Lapillo+ - 10/2/2018, 17:11
 
Top
0 replies since 6/2/2018, 15:34   98 views
  Share